Codice Penale art. 67 - Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di più circostanze attenuanti.Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di più circostanze attenuanti. [I]. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore [289-bis, 630 6-7]: 1) (1); 2) a dieci anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena dell'ergastolo. [II]. Le altre pene sono diminuite. In tal caso, quando non si tratta delle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, la pena non può essere applicata in misura inferiore ad un quarto [132 2]. (1) Il n. 1 del testo originario recitava: «a quindici anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena di morte». Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. InquadramentoLa norma in commento costituisce il pendant dell'art. 66 in quanto detta i limiti entro i quali la pena può essere diminuita nei casi in cui al reato base accedano più circostanze attenuanti. La norma è strutturata, nelle sue linee portanti, come l'art. 66 in quanto stabilisce, nei due commi, due regole: a) comma 1: nel caso di reati per i quali la legge prevede l'ergastolo (ossia nelle fattispecie di reati per i quali detta pena sia prevista indipendentemente dalla sussistenza di circostanze aggravanti: cfr. commento sub art. 65) la pena, quante che siano le circostanze attenuanti, non può mai essere inferiore a dieci anni di reclusione, salvo disposizioni speciali che deroghino alla suddetta regola (es. art. 289-bis comma 5 seconda parte); b) comma 2: nel caso di reati che prevedano “altre pene” (reclusione; arresto; multa; ammenda), il comma in esame, in caso di concorso di più attenuanti comuni, si limita a stabilire, da una parte, che le pene “sono diminuite”, e, dall'altra, che «la pena non può essere applicata in misura inferiore ad un quarto». Il comma in esame, quindi, non stabilisce un minimo ma stabilisce il massimo oltre il quale la pena non può essere diminuita. Ciò significa che la diminuzione può variare da un minimo di un giorno (quanto alla pena detentiva) o di un euro, per la pena pecuniaria (cfr. commento sub art. 64), ad un massimo del quarto della pena base edittale minima (in terminis, Cass. VI, n. 17908/2003, secondo la quale «la disposizione dell'art. 67 cpv. non va intesa nel senso che la riduzione della pena, in caso di concorso di più circostanze attenuanti, va apportata nella misura massima di un quarto della pena-base, bensì nel senso che la pena da irrogare in concreto non può essere mai inferiore a un quarto del minimo edittale»; Cass. V, n. 7639/1992; contra in dottrina: Romano, 701, secondo il quale, invece, la pena non può essere diminuita «in misura tale che si scenda al di sotto del quarto della pena base che sarebbe (idealmente) da infliggere in concreto per il reato che non fosse circostanziato (non dunque della pena edittale)»). Pertanto, ad es., posto che la rapina semplice prevede una pena edittale minima di anni tre, pur con tutte le attenuanti possibili, il giudice non può infliggere una pena inferiore a mesi nove di reclusione (ossia un quarto della pena base edittale minima di anni tre). Come nell'art. 66, anche nell'art. 67 comma 2, è stata introdotta l'eccezione riguardante le «circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63» ossia le circostanze c.d. speciali previste nell'art. 63, comma 3 (cfr commento sub art. 63). Vale per essa, mutatis mutandis, quanto detto nel commento all'art. 66 ossia che, in caso di concorso di più circostanze attenuanti speciali, la regola che si applica è quella speciale e settoriale di cui all'art. 63; nel caso, invece, di concorso fra circostanze attenuanti speciali e circostanze attenuanti comuni, si applica la regola generale di cui all'art. 67 (o nell'art. 66 in caso di concorso fra più circostanza aggravanti). In concreto, possono verificarsi le seguenti ipotesi: a) al reato accedono più circostanze attenuanti speciali (autonome o indipendenti): in tal caso, poiché la pena base non è quella del reato base ma quella che la legge autonomamente prevede per il reato attenuato, la pena va calcolata partendo, come pena base, da quella già attenuata, sulla quale va calcolata l'ulteriore diminuzione di un terzo secondo la regola settoriale prevista dall'art. 63 comma 5 (cfr. commento sub art. 63); stessa regola vale nell'ipotesi in cui al reato accedano solo più circostanze attenuanti «ad effetto speciale». Da ciò consegue che la pena finale può, in concreto, essere anche inferiore al quarto: in terminis, Cass. V, n. 7639/1992 secondo la quale «il detto limite non è operativo relativamente alle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'art. 63 e, tra queste, quelle ad effetto speciale, nel qual caso la pena può essere irrogata anche in misura inferiore al quarto edittale»; b) al reato accedono una o più circostanze attenuanti speciali (autonome o indipendenti) in concorso con una o più attenuanti comuni: in tal caso (che si potrebbe denominare di concorso eterogeneo di circostanze attenuanti), si applica nuovamente la regola della norma in commento secondo la quale la pena non può essere diminuita oltre il quarto rispetto a quella edittale prevista per il reato circostanziato. La giurisprudenza, infatti, ha fissato la seguente regola: la diminuzione per le circostanze comuni, ai fini del contenimento della pena in misura non inferiore al limite invalicabile di cui al secondo comma dell'art. 67, deve essere operata non con riferimento alla ordinaria pena minima edittale, ma con riferimento alla pena risultante dalla diminuzione dovuta alla applicazione della circostanza ad effetto speciale che, come detto, sfugge normativamente al limite anzidetto: Cass. V, n. 7639/1992. Ad es. l'art. 353 comma 3 prevede un'attenuante speciale per effetto della quale la pena edittale base (prevista nel primo comma da mesi sei ad anni cinque di reclusione e da euro 103 ad euro 1.032 di multa) è ridotta alla metà (quindi da mesi tre ad anni due e mesi sei di reclusione e da euro 51 ad euro 516): nell'ipotesi in cui siano riconosciute altre attenuanti comuni, la pena che il giudice può irrogare, effettuate le ulteriori riduzioni, non può essere comunque inferiore a giorni 22 di reclusione ed euro 13 di multa, corrispondenti ad un quarto della pena base edittale minima di mesi tre ed euro 51. In giurisprudenza si è ritenuto che qualora, in virtù della concessione dell'attenuante ad effetto speciale della cosiddetta «dissociazione attuosa» prevista dall'art. 8 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991 n. 203 - ora art. 416-bis.1 (provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata), alla pena per delitto punito con l'ergastolo nella sua forma aggravata (nella specie, omicidio volontario aggravato a norma dell'art. 577) sia sostituita la prevista pena detentiva temporanea (da dodici a venti anni di reclusione), le circostanze aggravanti che determinavano la previsione della pena perpetua devono considerarsi obliterate dal riconoscimento di quella attenuante, sicché le residue circostanze attenuanti che siano state riconosciute simultaneamente ad essa, in assenza di altre circostanze di segno opposto, non possono confluire in un giudizio di comparazione, ma devono essere valutate ai fini delle diminuzioni di pena ulteriori a norma degli artt. 65 e 67: Cass. V, n. 4977/2009. Con l'introduzione dei riti premiali (patteggiamento; rito abbreviato), il legislatore ha previsto, un'ulteriore riduzione della pena (fino ad un terzo per il patteggiamento; di un terzo per il rito abbreviato) che il giudice ha in concreto irrogato. Si è posto, quindi, il problema di verificare se le diminuzioni suddette possano incidere sul limite previsto dalla norma in commento e cioè se la pena possa essere irrogata anche al di sotto del limite del quarto. La giurisprudenza è divisa anche se la tesi maggioritaria è quella seconda la quale, poiché le suddette diminuenti hanno carattere meramente processuale e premiale che non hanno alcuna attinenza al fatto criminoso ed alla personalità dell'imputato, l'applicazione delle medesime (che, non a caso, incidono sulla pena finale così come determinata dal giudice che, ovviamente dev'essere contenuta nei limiti di cui all'art. 67) consentono di scendere anche al di sotto del minimo stabilito dall'art. 67: in terminis, Cass. II, n. 5264/1992; Cass. V, n. 7639/1992; Cass. I, n. 2285/1992; Cass. I, n. 8379/1992; Cass. VI, n. 8994/1994; contra, Cass. VI, n. 4923/2000 (relativamente alla diminuente per il rito abbreviato); Cass. I, n. 3003/1991 (quanto al patteggiamento). BibliografiaVedi sub. art. 64 |